Testo di Ermanno Gardinali
La chiesetta campestre di S. Rocco, piccolo oratorio di preghiera, venne eretta forse senza una particolare e imperiosa giustificazione rintracciabile nei documenti. Si potrebbe ipotizzare, però, una emotiva sollecitazione venuta dalla terribile peste detta di S. Carlo del 1578. Edificio costruito in mezzo ai campi ad un Km dal paese e forse al limite di una strada campestre poco battuta, in zona molto paludosa ancora nel XIX secolo, potrebbe essere stato un insediamento isolato per un eventuale utilizzo come lazzaretto.
L’edificio si presenta oggi col suo rustico mattonato murario e con la maestosità dell’avanportico. Nata con specifica dedicazione a S. Rocco per l’evidente sua caratteristica devozionale, la chiesetta conobbe nei secoli gli alti e bassi delle vicissitudini locali, quindi è stata sostanzialmente legata alle grosse epidemie che periodicamente minacciavano il paese, fino a dover inglobare un avancorpo da utilizzare come ospedale o lazzaretto, costruito dalla comunità nel corso del sec. XIX per il minacciato annuncio dell’arrivo del colera. Così composita, continuò ad espletare compiti devozionali e sanitari a seconda delle necessità, fino a servire come magazzino di deposito, casa per sfollati ed ufficio per la vigilanza rurale ed urbana. All’interno presenta affreschi secenteschi come sulla parete sinistra, una Madonna con S. Antonio abate e S. Francesco attribuibili a mani di bottega vercellese del Lanino o di Giovenone; sono visibili le incisioni di contorno delle figure e altri interventi con diverse datazioni. L’abside ci offre una bellissima Madonna insediata con bambino, con a lato i santi Rocco e Sebastiano attribuibili alla stessa scuola e coevi all’erezione dell’edificio. L’oratorio è di proprietà Comunale.
a chiesa di S. Michele è di antica tradizione locale per la sua dedicazione al Santo e potrebbe risalire all’epoca longobarda. La si ritiene sorta su quella primeva edificazione. L’attuale edificio é riferito al tardo romanico o al primo gotico – lombardo. Di particolare interesse il cotto del rosone di facciata e di quello del portale. All’interno, interessanti affreschi tappezzano la parete sinistra e mostrano, pur nei limiti del livello artistico dei pittori, la buona mano della scuola vercellese se non proprio specificamente della bottega laniniana. Qualche studioso ha ipotizzato che l’affresco della Madonna insediata, del 1544, subito all’ingresso a navata sinistra, sia addirittura opera del maestro. Ad epoca anteriore (sec. XV), è attribuito l’affresco della natività. Altri dipinti scoperti nel sottotetto ci propongono una lettura più attenta della sua origine. La chiesa è stata sempre gestita dalla Comunità robbiese formata da piccoli e medio proprietari terrieri che vi insediarono, nel sec. XVII, la confraternita del SS. Sacramento. In fondo alla navata sinistra, l’altare detto di S. Giuseppe, porta l’insegna araldica del Comune di Robbio ed un grande quadro con i santi protettori del paese: S. Giuseppe, S. Valeriano, S. Sebastiano, S. Gioachino e S. Rocco. A proposito dell’insegna araldica robbiese, uno scudetto con due ruote e un albero al centro, si trova inciso all’esterno, in una finestra della stessa chiesa, datato 1557. La chiesa funzionava da succursale della parrocchia per 6 mesi dell’anno, durante la stagione invernale. Fu utilizzata per i giuramenti di fedeltà dei capi di casa quando venivano i feudatari a prendere possesso del loro feudo. Nel corso dei secoli, subì manomissioni e rifacimenti come nel 1700 quando furono costruiti il coro ed un nuovo campanile di chiaro stile barocco come alcuni stucchi dell’interno che forse ci occultano altri interessanti affreschi. Si salvò dalle perquisizioni napoleoniche dimostrando di essere proprietà comunale ed in sua vece finì nelle mani del demanio la secentesca chiesa della Madonna delle Grazie in piazza Marliano. Durante la prima guerra mondiale la Croce Rossa la utilizzò come ospedale militare. A tale uso era già stata destinata in occasione della battaglia di Palestro, nella seconda guerra di indipendenza.